IL MIO PRIMO DOLORE


Stavo seduta su quel gradino consumato di ardesia grigio, all'ingresso di una porticina che si affacciava nella piccola casa dei nonni e tenevo stretto tra le mani un libro di favole, che la nonna mi aveva appena letto.
Lei si era interrotta perché il nonno chiedeva, come faceva spesso, il solito bicchiere d'acqua: lui giaceva in un letto altissimo, adagiato su un materasso fatto con foglie secche di granturco ed avvolto da un grande lenzuolo ruvido di lino.
Era sofferente da molto tempo.
Ogni giorno io andavo da loro e stavo seduta, per lungo tempo, su quel gradino e attendevo un suono: Cicci, era quello il nome con cui il nonno mi chiamava e lo ripeteva in continuazione, lui mi adorava.
I suoi occhi neri ed infossati in quel viso affilato e pallido, mi guardavano con dolcezza quando con gioia correvo al suo letto altissimo, arrampicandomi, riuscivo a salire su una sedia impagliata ed a raggiungere l'altezza del suo braccio abbandonato lungo il corpo che era diventato magro ed asciutto, ma la sua mano scarna e sottile riusciva ancora ad accarezzare con un leggero tremore la mia guancia paffuta e rosea, mentre io gli chiedevo: lui mi sussurrava con voce flebile:. Ed io appoggiavo la nuca sul letto, rimanendo così immobile, per molto tempo.
In quegli attimi di profonda complicità, sapevo che mai avrei potuto dimenticare l'odore di talco al mentolo in quel lenzuolo ruvido, il fruscio del materasso soffice, il suo respiro ancor più affannoso ed i suoi lamenti..che ogni giorno diventavano sempre più lunghi ed urlati.
IO PICCOLA..MA GRANDE avevo quattro anni compiuti a marzo, e quei giorni segnavano l'inizio dell'estate era l'anno 1949. Nessuno allontanava quella bimba da quel luogo di sofferenza ed il nonno continuava a chiamare Cicci..Cicci..ed io accorrevo a quel letto, quasi con riverenza.
Aspettavo..sapevo..nella mia ingenuità, lo avevo intuito, che qualcosa di terribile sarebbe accaduto: era un pomeriggio caldo, quando l'ora volge al tramonto ed io, ancora seduta sullo stesso gradino, osservavo gente che correva, parlava, si agitava.
La nonna con le lacrime agli occhi, trattenendo il pianto mi disse :<< vai dal nonno>>.
Mi alzai e corsi vicino a quel letto, lui dormiva, non udivo più il suono della sua voce e la mano era fredda, immobile, compresi che non avrebbe potuto mai più accarezzarmi...capivo che quella sarebbe stata l'ultima immagine del nonno e l' avrei tenuta stretta nel mio cuore per sempre.
Questo fu il mio primo immenso dolore.

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